Assemblea tesa quella di giovedì 15 novembre nell’aula 39 dell’IIS (ex ITI).
40-50 persone. Speravamo qualcosa di più, ma è il segno dei tempi da una area di crisi profonda come quella biellese. Qualche giornalista, due rappresentanti della Digos che hanno controllato i numeri, e poi se ne sono andati.
Davide, insegnante precario, introduce brevemente: questa è la scuola dei tagli e nient’altro; del concorso ingiusto e truffaldino perché immetterà un pugno di lavoratori (poco più di 11.000 in tre anni) e ne metterà fuori di più: tutti i precari che da anni lavorano nella scuola e che usciranno se non passeranno il test preventivo! La scuola pubblica da decenni è un luogo di distruzione: le condizioni di lavoro sono peggiorate e si avanza l’ipotesi dell’estensione dell’orario di lavoro. Ci aspettano tempi ancor più bui!
Dopo una pausa di silenzio la platea reagisce.
I racconti si moltiplicano: il quadro che viene fuori è desolante: l’insegnante di sostegno di scuola dell’infanzia che racconta che ormai il sostegno si dà per i casi così gravi per i quali basterebbe “una badante” e i che i casi di maggior possibilità di recupero non hanno il sostegno; …e chi racconta di insegnanti che devono aprire la scuola al mattino perchè non ci sono bidelli…; …e i progetti che sono sospesi perché non sono arrivati i soldi per i “fondi di Istituto”; e poi… i precari, massacrati da una condizione permanente di instabilità, di ansia, di frustrazione e di scarsa considerazione per il loro lavoro, che vedono il loro futuro sempre più nero…
Si fanno strada tre esigenze: il bisogno di esprimere il disagio profondo che assume la forma della disperazione, dei precari che chiedono di fermare il Concorso perché li penalizzerà, li “ucciderà”! C’è rabbia, ed anche la convinzione che gli insegnanti di ruolo non vogliano agire, che si muovono solo ora che si minaccia l’aumento dell’orario (ma l’Assemblea è composta per quasi la metà di insegnanti di ruolo), che i neolaureati possano rubar loro il lavoro… Una giovane collega, 23 anni, con laurea abilitante avanza il diritto di poter insegnare!
E’ evidente che l’istituzione scolastica ha giocato al massacro e ha vinto: siamo divisi e sospettosi l’uno dell’altro, con la pretesa, ampiamente argomentata, che ciascuno abbia più ragioni dell’altro.
E’ una trappola!
Qualcuno ci ricorda che siamo una strana categoria: stretta tra la dimensione di “impiegati dello stato” e la funzione di educatori, di agenti culturali e formativi: ed ecco la seconda esigenza ripartire dal nostro ruolo, ricostruire la nostra funzione, uscire dall’angolo nel quale siamo stati messi dalle politiche scolastiche degli ultimi 20 anni, agire per ridefinire “la scuola che vorremmo”!
Ma intanto? ora che si può fare come ci muoviamo? come facciamo sentire la nostra voce?
A questo proposito tutti denunciano come l’opinione pubblica, la società sia costantemente manipolata da una informazione che non sa nulla della scuola ma “esprime opinioni da bar” e dipinge i lavoratori della scuola come sfaccendati e “parassiti”! Così la terza esigenza quella del “che fare ora?” si fa strada prepotentemente: dobbiamo reagire, “mettere sabbia negli ingranaggi”, fermare l’attività scolastica con forme di lotta nuove che superino lo sciopero, che non funziona e non serve (ma si può dire così di un settore nel quale lo sciopero non ha mai raggiunto numeri significativi?); ma dobbiamo anche, per qualcuno soprattutto, riorientare l’opinione pubblica, fare capire cos’è la scuola oggi, chi sono i lavoratori della scuola, cosa è accaduto in questi ultimi 10 anni, cosa vogliono fare della scuola pubblica (distruggerla dice qualcuno!). Altri, pur concordando sull’importanza del dialogo con la società, premono sulla necessità di compiere azioni eclatanti, che facciano parlare di noi, si suggerisce di incatenarci davanti al Provveditorato, …forse è più utile farlo davanti alla Prefettura!
C’è tensione, dobbiamo trovare una sintesi, dobbiamo confrontarci ancora. Non c’è nessuno che riesca e possa rappresentarci, dobbiamo imparare a rappresentarci direttamente. Non è facile, il Comitato d’agitazione delle scuole biellesi ci prova da oltre due anni, ma le difficoltà sono molte. Qualcuno sta tentando delle strade diverse, quella di indicare già modi diversi di fare scuola…
Siamo deboli, lo siamo strutturalmente. Lo è la scuola nella società. Ma siamo determinati, siamo consapevoli che la scuola cambia se la società cambia (è sempre andata così e non il contrario). Sappiamo che dobbiamo fare da soli, ma sappiamo che nel paese ci sono molti comitati e gruppi di insegnanti che come noi ci provano.
Siamo determinati a resistere, a produrre occasioni di lotta e idee per una scuola diversa da questa. Ci dobbiamo ritrovare, lo faremo martedì 20 novembre, alle 17,30, aula 25 dell’IIS.