Alcuni buoni motivi per non iscriversi al concorso a cattedra
L’ultima novità nel mondo scolastico è il “Grande Concorso della Scuola” bandito in Gazzetta Ufficiale poche settimane fa, l’ennesima nuova procedura di reclutamento per aspiranti insegnanti definita rivoluzionaria, risolutiva e necessaria (dal 1999 non ci sono più stati concorsi pubblici per entrare a Scuola), basata sul merito e orientata ai giovani. Magari fosse tale: solo futile propaganda per distogliere l’attenzione pubblica da una realtà ben diversa! A riguardo le critiche non sono poche.
Innanzitutto è necessario dire che sono risicati i posti (su base regionale) messi a disposizione di chi vincerà il concorso e, inoltre, tali posti saranno da esaurire in 2 anni: ciò significa che chi vincerà il concorso, scorrendo la graduatoria, potrebbe avere il posto di lavoro due anni dopo.
Il concorso non è orientato ai giovani con meno di 30 anni poiché per accedervi è necessario possedere già l’abilitazione all’insegnamento ed avere un titolo di laurea conseguito entro il 2001, perciò docenti che nella scuola ci lavorano da tempo ed hanno in media 10 anni di precariato alle spalle oppure persone che da anni non riescono più a lavorare nella Scuola a causa della svariate riforme, dirette e trasversali, che hanno colpito il sistema d’Istruzione. Eppure l’abilitazione dà già diritto all’immissione in ruolo e per questo erano state create le Graduatorie ad Esaurimento.
Il punteggio di accesso a questo concorso sarà calcolato in base ai titoli di studio, dalla laurea ai corsi FORCOM, e al punteggio acquisito nel test pre-selettivo, mentre non è assolutamente calcolata l’esperienza acquisita negli anni di lavoro e quindi insegnanti che hanno esperienza pluridecennale vedranno mortificata la formazione sul campo a favore di chi invece si è dedicato a “collezionare” titoli su carta. Assurdo. La verifica d’ammissione sarà un test identico per tutti (50 domande in 50 minuti) su quesiti d’intelligenza, lettura veloce, informatica e conoscenza di una lingua straniera con poco tempo per leggere le domande e testi lunghissimi da analizzare e riguardanti i più svariati argomenti e, dopo questa, si potrà passare alla prova scritta, il cui argomento sarà specifico per la disciplina per cui si concorre. Alla fine ci sarà la prova orale nella quale si dovrà eseguire la simulazione di una lezione frontale di circa 30 minuti: ciò è privo di significato poiché una simulazione artefatta è sostenibile dalla maggior parte degli aspiranti, trovarsi di fronte una classe vera con le proprie dinamiche quotidiane, costruire, gestire e guidare la propria lezione in base all’utenza e ricevere un riscontro sul breve termine e lungo l’intero anno scolastico è cosa ben diversa e non da poco! Tutto questo per valutare nuovamente persone che già sono state formate e dichiarate idonee all’insegnamento.
Il concorso in quanto pubblico dovrebbe essere aperto a tutti e non solo ad alcuni che hanno requisiti in base ai quali, fino a poche settimane fa, avrebbero avuto diritto al posto di lavoro sebbene non sapessero bene dove e quando. Incredibile.
Una riflessione importante merita la percezione ed informazione che questo concorso risolva il problema del precariato. Niente di più sbagliato. Il concorso non è stato bandito solo nelle classi di concorso esaurite, ossia quelle in cui gli aspiranti già abilitati secondo i corsi SSIS o i corsi speciali Legge 143 sono già tutti regolarmente assunti e per le quali esisterebbe una reale esigenza di reclutare nuovo personale, ma è stato indetto anche su classi di concorso sovraffollate dove nemmeno gli stessi insegnanti precari abilitati riescono più a lavorare! Così facendo si toglie il 50% dei posti a docenti che da anni sono in attesa e da anni sono assunti a settembre e congedati a giugno, lasciando loro la speranza di ri-ottenere ogni volta l’ennesimo incarico annuale e prolungando questa agonia professionale del 50% in più.
Allora questo concorso ha ben poco di rivoluzionario, risolutivo, indispensabile, meritocratico e pro-giovani, anche alla luce delle nuove leggi sulla stabilità che, con l’aumento di orario cattedra da 18 a 24 ore settimanali a parità di stipendio, provocherebbe la perdita di 1 docente su 3 e quindi diversi esuberi tra lo stesso personale a tempo indeterminato.
Ultima, ma non ultima incoerenza di questo mega-concorso beffa? L’annullamento di fatto dell’ultimo concorso del 1999, perciò tutti coloro che avevano vinto allora e che in questi anni (13!!!) ancora non sono passati in ruolo si vedranno cancellare il titolo solo a causa della lentezza dei passaggi burocratici. Ma il merito ha una scadenza temporale?
Restano molte le domande, i dubbi e le perplessità.
Se molte Graduatorie ad Esaurimento sono sovraffollate e già è stato sorprendente istituire nuove abilitazioni per tutte le classi di concorso con TFA (Tirocinio Formativo Attivo) ordinario e speciale, perché bandire questo concorso? Se il disegno di legge sulla stabilità era già in preparazione, perché bandire il concorso, visto che ancora non si sono smaltiti quelli che già esistono e probabilmente molti altri perderanno il loro posto di lavoro?
In seguito all’ultima riforma delle pensioni che ha diminuito ulteriormente i posti disponibili, a cosa servirà mantenere in piedi le nuove abilitazioni TFA se già ci saranno gli abilitati delle Graduatorie ad Esaurimento e quelli che avranno vinto il concorso per due anni dovranno prendere il 50% dei posti destinati al ruolo?
L’unico intento è creare illusioni e, forse, far cassa: ogni corso di preparazione, ogni corso di abilitazione, ogni ricorso, insomma, ogni via intrapresa da un precario per garantirsi un futuro costa ed egli paga. Pagano anche i contribuenti poiché questo concorso costerà parecchio allo Stato, soldi che vanno ovunque ma mai là dove servono come, ad esempio, banalmente per sistemare gli edifici scolastici e garantire il funzionamento efficiente e decoroso dei laboratori e delle Scuole stesse. Lo Stato invece taglia a sproposito e sperpera per pura propaganda.
Questo concorso andrebbe annullato o quantomeno rivisto nella sua pianificazione ed organizzazione: allo stato attuale è solo fonte di ulteriori disparità di trattamento e ricorsi, oltre che totalmente inutile. La soluzione è altrove: serve un nuovo modo di analizzare il problema ed operare o, forse, solo e semplicemente la volontà di farlo.
Biella, ottobre 2012