Nel chiacchiericcio estivo, amplificato dall’’effetto eco dell’informazione, stretta tra i verbosi commenti sulle Olimpiadi e sul “gran caldo”, non riusciamo a ritrovarci.
Dalla crisi non si esce perché le politiche di Monti non servono allo scopo: ha fatto tutto per essere ben accetti in Europa e sui mercati, ma le previsioni sono pessime e il presente è drammatico. La legge sulle pensioni insieme a quella sul mercato del lavoro non hanno affrontato, ancor meno risolto, alcun problema strutturale ma solo ridotto la spesa, forse. Anzi, la recessione e l’estrema flessibilità del lavoro trasformano queste leggi nella tomba del lavoro giovanile!
Napolitano e Monti hanno introdotto una pesante ipoteca sulla democrazia, dimostrando che “la governabilità” in Italia si raggiunge solo se non c’è opposizione in Parlamento, se l’Esecutivo sceglie per esso attraverso i voti di fiducia, se si riduce al massimo la conflittualità sociale con l’aiuto dei sindacati, se si fa argine alla critica alle Istituzioni. Autoritarismo? Cos’altro!
Eppure la “sinistra” si dedica alle elezioni della primavera 2013 e si preparano come se non fosse accaduto nulla. La sinistra radicale ripropone sostanzialmente il vecchio “fronte delle sinistre”; Sel con Vendola sceglie, senza se e senza ma, il PD quale partner della futura coalizione, senza che quest’ultimo prenda le distanze dalle politiche liberiste del governo Monti, in attesa di coalizzarsi con l’Udc di Casini; il Movimento 5 stelle si muove inchiodato all’illusione del “buon governo”, partecipato certo, dimenticando la storia dei governi locali usciti dai movimenti del ’68.
Il disastro è annunciato: se il PD tiene il centro sinistra vince e ci troveremo un governo che farà la stessa politica economica del governo Monti ma… dialogando con le parti sociali. La Cgil sarà tolta dall’imbarazzo, ripartirà la concertazione, potrà isolare la minoranza interna e la Fiom e proseguire sulla strada della “voce grossa e zero iniziative di lotta”.
In questo quadro appare evidente che la questione del governo, e quindi delle elezioni, sia secondaria e forse irrilevante. Muovendo dal presupposto che il PD vuole, parole di Bersani, “fare un governo contro le politiche delle destre e non contro Monti” (sic!), …è chiaro quale potrà essere il percorso politico al governo!
Diversamente dobbiamo concentrare tutti gli sforzi nella costruzione di una opposizione sociale diffusa. Capace di aggregare soggetti sociali (persone) portatori di bisogni comuni (lavoro, territorio, cultura), favorire la crescita di una nuova “coscienza di classe generale”, favorire la costruzione di comunità politiche autogestite (con forme e valenze diverse), dar vita a forme di democrazia partecipata che sappiano condizionare le istituzioni.
…Quindi diffondere il conflitto sociale attraverso la circolazione di informazioni e culture critiche, usando l’inchiesta come strumento per la comprensione, per l’aggregazione e per la crescita della consapevolezza collettiva.
Di fronte a questa crisi economica e alla crisi delle istituzioni politiche i tempi della politica si sono fatti lunghi. Essere alternativi significa essere obliqui, cioè esterni alla crisi dei partiti e della democrazia rappresentativa, ma non estranei, cioè lavorare qui e ora per superare questo modello economico e politico, costruendone un altro ma senza salvare questo, incapace di soddisfare i bisogni e sempre più autoritario!
marco sansoè