… in memoria di Ivar Oddone
L’impegno di lavoro
Ciao Ivar, nel mio computer c’è pieno di cose tue che aspettano di essere messe in ordine. Me ne hai dato di roba dall’inizio di Febbraio sino ai primi di Agosto. Venivo a trovarti al pomeriggio per due o tre volte la settimana, sino a quando abbiamo interrotto i nostri incontri perché tu dovevi andare ogni giorno alla clinica per le terapie.
Gli operai e le soluzioni..
Tu eri una persona molto esigente, nemico di ogni forma di superficialità e di semplicismo. Ricordo quando parlando della esperienza della Acciaieria Mandelli di Collegno (si era fatto il primo accordo sull’ambiente di lavoro in Italia), e io che commentavo in malo modo il comportamento di alcuni lavoratori che dopo aver visto il volantino che spiegava (attraverso una serie di diapositive del polmone) l’aggravamento della silicosi, decisero di andare a chiedere alla direzione di essere di nuovo messi nei posti a maggiore rischio, io dissi: per me era una boiata. Tu stizzito, mi avevi detto che: ”questo è il modo come degli operai, abituati da sempre a trovare delle soluzioni, avevano appunto trovato la loro soluzione ai problemi della nocività, aggravando la loro condizione che era vicina per i punteggi dell’INAIL alla percentuale per la quale ti davano la pensione per malattia professionale”. E ancora: “caro mio, sai quanti anni ci abbiamo messo per far passare la parola d’ordine la salute non si vende? 10 anni! A partire dal convegno fatto a Settimo alla Farmitalia nel ‘61, presenti tutto il gruppo dirigente della CGIL di Torino con Garavini, Pugno, ecc. e la presenza di B. Trentin, A. Di Gioia, G. Marri. L’hanno successivo al convegno, in quasi tutti i Contratti di Lavoro c’erano ancora “le paghe di posto”, che verranno abolite dopo che gli operai ebbero trovato un’altra soluzione: il Gruppo Omogeneo con il Delegato eletto su scheda bianca tra uno di loro. E infatti da allora in poi le paghe di posto sono sparite: “gli operai non se ne fanno niente di chiacchiere, vogliono e cercano sempre delle soluzioni, loro che sono gli ultimi a dover mettere una pezza agli errori della progettazione e della programmazione per far uscire uno dei mille prodotti che giornalmente noi usiamo, ancorché facciano delle mansioni del tutto banali attorno a qualche manciata di secondi o di minuti”.
Gli operaie i gorilla..
Mi ricordo nel 1972 eravamo ad un convegno, uno seduto vicino all’altro. Sul palco e nella platea il meglio dei gruppi dirigenti dei sindacati e delle forze politiche del paese, dai più moderati sino agli extraparlamentari. Ad un certo punto mi avevi detto che negli USA, negli anni ’30 era nata una teoria (padronale) che voleva gli operai come dei gorilla da ammaestrare per la produzione.. per contro tu continuavi dicendomi che per la maggioranza dei presenti io, operaio, non ero un gorilla da ammaestrare per la produzione, ma da redimere per la rivoluzione! Quale rivoluzione? La loro! E io? sempre gorilla rimanevo..
E si che tu avevi suggerito (nella Dispensa) il superamento di un certo leninismo straccione che allora albergava tra i più, con il dare valore ad una cosa con il consenso: la validazione consensuale. Sarà forse per questo, dal fatto di averla sempre recitata come un mantra e poco esercitata, specie nella seconda metà degli anni ’70, che siamo arrivati all’appuntamento dell’80 un po’ in braghe di tela, forse una delle cause della sconfitta è stata quella di non averti dato retta.
Gli operai e l’uomo di Mirafiori..
Eri anche aspro nei giudizi, come quella volta che tu ragionando storicamente sul passaggio dell’uomo artigiano dell’ottocento, all’uomo taylorista e fordista del primo novecento mi facesti la domanda: “secondo te, dopo chi è venuto?” e io pensando all’attualità: “l’operaio, l’uomo precario”. E tu (perdendo le staffe): “ma allora che cosa sei venuto a fare, tu e parecchi altri operai, all’università con le 150 ore? Non mi dicevate voi del furto continuo che i tecnici facevano della vostra esperienza? E della “sghinga” che dovevi mangiare giornalmente nei confronti di questi, per cui anche voi avete fatto un percorso immenso di riappropriazione di modelli scientifici nei confronti dei medici di fabbrica, dei cronometristi, ecc. e per farlo meglio siete venuti all’Università.. o no? Quindi per me dopo l’uomo taylorita e fordista siete venuti voi “gli uomini della Mirafiori”… figurati se non so che non tutti hanno fatto questo percorso. Però per decine e centinaia e stata così. Uscendo quindi dalla falsa antinomia tra “ribellione e integrazione”, che sono le due facce di un’unica medaglia: alla fine non cambia niente, mentre voi avete cambiato qualcosa nella fabbrica e nella società con una “Immagine e un Piano” consapevole. O no? Cristo! possibile mai che per la sinistra di questo paese ci sia sempre, quando legge la realtà, la lettura della normalità? E no caro compagno, occorre leggere la “devianza”, specie quella positiva! E voi siete stati una devianza positiva. Cristo!”
Aspro ed esigente a partire da te stesso: la critica alla Dispensa sull’Ambiente di Lavoro..
E con mia sorpresa, rovistando tra le centinaia di tue note che ho trovato in pratica il rifacimento della vecchia Dispensa con una critica serrata all’impostazione iniziale: tu dicevi che non era vero che gli “omini” entrassero tutti uguali, non fosse altro per la questione di genere, ma c’erano anche allora giovani e anziani, ex operai di città ed ex contadini di campagna, ecc. ma ancora di più per “l’uscita”, in pratica era vero che una parte usciva “saccagnata” ma con la testa piena di esperienza, specie se aveva fatto quella di conoscere la Dispensa con i Questionari di Gruppo Omogeneo in un processo di partecipazione e lotta alla nocività per una diversa organizzazione del lavoro. Bisognava tenere conto, mi dicevi, della diversa origine del “capitale” che ad oggi entra in fabbrica, delle diverse origine etniche, culturali, religiose di chi oggi entra in fabbrica, ecc. e la critica non risparmiava i sindacati che non avevano ottemperato alla “parola data” di aggiornare annualmente la Dispensa sulla base del fatto che l’uso ne poteva trovare i limiti e suggerire le opportune correzioni.
Tutte soluzioni non trovate specie da chi (vedi i vari tecnici ed intellettuali di sinistra) sempre troppo occupati a spiegare come girava il mondo piuttosto che cambiarlo..
Gli operai di Pomigliano, della Carrozzeria di Mirafiori e l’indignato Prof. Ivar Oddone
Quanta indignazione leggevo nei tuoi occhi per l’operazione voluta dalla FIAT di Marchionne in occasione dei vari “referendum” fatti nei due stabilimenti. E quale ammirazione per il no degli operai. Tu eri completamente schierato con loro.
Grazie Ivar, mi mancherai moltissimo.
Testimonianza di Gianni Marchetto al funerale di Ivar – Torino 24 ottobre 2011