L’ARTICOLO 8 CANCELLA I DIRITTI: ABROGHIAMOLO

L’ARTICOLO 8 CANCELLA I DIRITTI: ABROGHIAMOLO

Su IL Manifesto dello scorso 27 settembre è stato pubblicato un appello per l’abrogazione dell’art.8 della manovra economica, promosso dall‘Associazione DIRITTI SOCIALI E CITTADINANZA  e firmato da Piergiovanni Alleva, Luciano Gallino, Sergio Mattone, Valentino Parlato, Umberto Romagnoli, Mario Tronti. 

L’APPELLO.  ABOLIRE L’ART. 8, UN REFERENDUM PER I LAVORATORI

Si è ormai diffusa, anche grazie a una vigorosa campagna di denuncia, la consapevolezza che l’art. 8 della legge di manovra finanziaria costituisce, oltre che una mostruosità giuridica, un pericolo gravissimo per i diritti dei lavoratori, e non solo per quello di tutela contro i licenziamenti ingiustificati (art. 18 statuto lavoratori), ma di tutti gli altri, ad esempio, in tema di qualifiche, di orario, di controllo della «privacy», di trattamento di fine rapporto, di contratti precari, ecc. È, pertanto, posta in pericolo la stessa convivenza civile.

È significativo, allora, che si sia prodotto un ripensamento da parte della Confindustria, che aveva salutato l’art. 8 con entusiasmo, e di quei sindacati che l’avevano salutato come una attribuzione a loro di un potere di cancellare anche le leggi. Adesso, invece, prendono le distanze da quell’intervento legislativo. Lo fanno rivendicando la loro competenza esclusiva nelle relazioni industriali e nel sistema contrattuale, e promettono di attenersi – vertici e strutture periferiche – unicamente ai contenuti e alle procedure dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011.

Non ci si può illudere, però, che la manifestazione di volontà politica, pur apprezzabile, di non utilizzazione dell’art. 8 lo renda davvero inerte e innocuo. L’ordigno non è stato disinnescato, ma è, al momento, solo inesploso, e, quindi, sempre pericoloso. Infatti, l’art. 8 – norma di rango giuridico superiore rispetto alle intese sindacali – conferisce il potere di deroga a leggi precedenti direttamente a sindacalisti locali. Questi, dunque, in ogni momento potrebbero valersi dell’investitura di poter sottoscrivere validi ed efficaci accordi di deroga delle tutele legislative dei lavoratori in ambiti aziendali o territoriali, rischiando al massimo una eventuale sanzione disciplinare all’interno della loro organizzazione.

La totale cancellazione dell’art.8 resta dunque obiettivo irrinunciabile e perseguibile per la via maestra del referendum abrogativo, strumento che la costituzione affida al popolo per censurare e cancellare leggi sbagliate, ingiuste e contrarie alla coscienza sociale.

Dalla società civile, dai lavoratori, dalle loro organizzazioni sindacali, da tutti i partiti progressisti e democratici, dalle associazioni e dagli uomini di cultura deve venire, ancora una volta, come di recente è avvenuto con l’acqua, le centrali nucleari e l’uguaglianza di fronte alle leggi, un’indicazione certa, non equivoca o equivocabile che costituisca l’inizio di una rinascita sociale e civile, che interrompa la lunga disattenzione e anzi la compressione operate nei confronti del lavoro e ridia ad esso, con un auspicato lungimirante processo riformatore, quella funzione di realizzazione dei diritti primari della persona sancita nel progetto emancipatorio tracciato dalla nostra Costituzione. In particolare, l’indizione del referendum abrogativo dell’art. 8 renderà nuovamente attuale l’esigenza di definizione di una organica legge di sostegno in tema di rappresentatività e contrattazione che superi l’attuale stato di incertezza e conflittualità nelle relazioni sindacali.

Pertanto, i sottoscritti primi firmatari di questo secondo appello, non più diretto al rigetto parlamentare dell’art. 8 del decreto governativo, ma alla cancellazione della norma ormai purtroppo approvata, invitano ad aderire al comitato promotore – in corso di formale costituzione – del referendum popolare, il cui quesito sarà l’abrogazione integrale dell’art. 8 della legge di manovra finanziaria.

Per aderire contattare l’inidirizzo mail dei promotori:

associazione@dirittisocialiecittadinanza.org

 

Di seguito il documento di adesione pubblicato su Il Manifesto e firmato da Lucia Annunziata, Fausto Bertinotti, Rita Borsellino, Pippo Civati, Sergio Cofferati, Antonio Di Pietro, Gianni Ferrara, Paolo Ferrero, Francesco Garibaldo, Giuseppe Giulietti, Antonio Lettieri, Paolo Nerozzi, Aldo Tortorella, Nichi Vendola, Vincenzo Vita.

I firmatari di questo documento aderiscono all’appello per un referendum abrogativo dell’art.8 della Legge 138 bis.

L’Articolo 8 della legge 138 bis annulla diritti fondamentali.       Il diritto di non essere licenziato senza giusta causa, il diritto di non essere controllato da telecamere attimo per attimo, insomma il complesso di quei diritti che la legislazione e la contrattazione riconoscono al lavoro.           E’ su questo complesso di norme che si fonda la nostra Costituzione e la nostra democrazia.

L’Articolo 8 della legge 138 bis cancella la democrazia.       In democrazia ogni cittadino, senza distinzione alcuna, è titolare dei propri diritti: è su questo principio che si fonda l’uguaglianza e la libertà di ciascuno e quindi di tutti.

L’Articolo 8 della Legge 138 bis scippa il diritto al singolo e lo trasferisce alle organizzazioni sindacali.        Il singolo diventa meno libero e meno uguale.             L’organizzazione sindacale, da organismo di rappresentanza di lavoratori e lavoratrici che le conferiscono questo mandato, sempre e comunque verificabile e revocabile, diventa proprietaria di diritti altrui, col potere di cancellarli o elargirli.        Il delicatissimo equilibrio di democrazia diretta e democrazia rappresentativa sul quale si fonda la Costituzione viene completamente sradicato: il singolo senza diritti non è più cittadino, il sindacato non è più organismo democratico di rappresentanza ma lobby di potere.

L’Art.8 della L.138 bis scardina il Diritto del Lavoro.            Non c’è più certezza del diritto se in ogni fabbrica, in ogni ufficio, in ogni territorio possono realizzarsi differenti modalità di fruizione ed esercizio di diritti non più universali ma relativi.       E relativi ai rapporti di forza di quella fabbrica, di quell’ufficio, di quel territorio.

E’ in gioco la qualità del nostro futuro quando in una società la forza sostituisce la democrazia.

Ci rivolgiamo ai singoli, al lavoratore, alla lavoratrice, al pensionato, alla pensionata, alla giovane, al giovane, al cittadino, alla cittadina perché riprendano nelle proprie mani il proprio diritto di essere tale: non esiste altro modo per ricostruire le ragioni di un vivere collettivo fondato sul rispetto, sulla dignità, sulla libertà.

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