Una volta si sarebbe detto “splendida vittoria di popolo”. Oltre alla necessità di ridefinire alcune categorie come quella di popolo, è urgente dare un volto a coloro che hanno permesso di compiere questa tappa fondamentale verso una ridefinizione delle priorità sociali.
Hanno vinto i movimenti, i/le cittadini/e, le persone, molto più dei partiti di centro-sinistra e spesso in polemica con essi. Ma l’impressione è che questa volta abbiano dato un contributo decisivo i giovani e le donne. Questo appare significativo non solo perché in questi ultimi anni i giovani avevano inviato segnali contraddittori, ma anche per la condizione generale di precarietà e insicurezza in cui vivono, che li fa i protagonisti assoluti del nostro tempo! E poi le donne: schiacciate da pesanti modelli maschili hanno avviato un altro nuovo percorso di emancipazione, ancora una volta capaci di interpretare il disagio del declino di una società e ritrovare nuove strade da percorrere.
E’ quindi la società del nostro tempo che ha lanciato un segnale importante (per ora solo un segnale), non una parte ideologicamente schierata, perché è andata oltre la “politica-politica”.
Sembra aver voluto affermare un principio di “autodeterminazione dei bisogni”. Ha votato “per sé” e non per qualcuno, mi pare, senza voler delegare ad altri il compito di prendersi cura dei beni comuni: tutto ciò fa importante questo risultato.
…E conferma la nostra impressione che l’incidente in Giappone, pur avendo avuto un effetto “stimolante”, non è stato l’elemento che ha determinato il risultato referendario. Ci interessano poco le polemiche sui meriti e il bilancio dei pesi di coinvolgimento, ciò che ci preme è dar vita ad un percorso che muovendosi dal controllo dei beni comuni possa dar vita ad una nuova democrazia economica, sociale e politica.
Come fare? Difficile da dirsi (ancor più da farsi). Ora iniziano le vere difficoltà e i movimenti lo sanno: lunedì in piazza tra i festeggiamenti abbiamo già iniziato a domandarcelo. Come questi movimenti possono condizionare le scelte degli Enti locali in materia di acqua, privatizzazioni e servizi pubblici? Come la popolazione può esercitare il controllo sulla gestione delle risorse energetiche e del territorio? Credo che la strada, pur essendo lunga, sia praticabile se si pone, nel breve periodo, obiettivi perseguibili.
Per questo i movimenti non si devono sciogliere, al contrario devono ricercare un modo comune di agire che persegua:
– la “mappatura” dei beni comuni e delle risorse nel territorio. I beni comuni si trovano ovunque vi siano relazioni, ma vanno ricercati e fatti emergere nelle rivendicazioni di bisogni fondamentali. I movimenti possono continuare a svolgere il ruolo di informazione critica e stimolare la conoscenza della relazione tra bisogni quotidiani e territorio, risorse e territorio, bisogni e risorse, ecc…;
– l’acquisizione di strumenti per aprire un confronto con le Istituzioni e la “politica-politica” per fermare le privatizzazioni di beni e attività di interesse pubblico: acqua, rifiuti, trasporti, fonti energetiche, gestione del territorio. Dobbiamo mettere in comune le conoscenze che abbiamo accumulato, ampliarle e trasformarle in strumenti che possano cambiare le politiche locali;
– il mantenimento del rapporto diretto con la popolazione affinché sia questa ad esercitare il controllo delle scelte e della gestione dei beni pubblici. Solo così questi potranno divenire beni comuni sotto il diretto controllo di chi ne usufruisce.
Durante la campagna referendaria siamo stati capaci di interventi diffusi, che hanno evitato le vetrine appariscenti, preferendo il contatto diretto e di sostanza con i/le cittadini/e. Questa continua ad essere la strada, quella delle iniziative di controinformazione e coinvolgimento delle popolazioni direttamente, senza mediazioni.
Credo si possa fin da subito agire su due fronti:
l’acqua. Mettere ordine in provincia, in senso pubblico, tra i diverse enti di gestione è necessario: dobbiamo prepararci al confronto con Enti locali e Partiti politici.
E le fonti energetiche. Credo che si debba elaborare una proposta di gestione delle fonti alternative sul territorio.
Qui nel biellese i Comitati, insieme, possono fare questo? Possono diventare gli interlocutori della “politica-politica” sui beni pubblici? Possono divenire gli artefici di una nuova proposta politica democratica e partecipativa sui beni comuni? Non pongo queste domande avendo già le risposte, al contrario credo che di questo si debba discutere in questo scampolo estivo prima di affrontare la stagione autunnale, per giungere a scelte utili e capaci di salvaguardare i beni di tutti. Biella, 15/6/2011
PS: …per approfondimenti…di Ugo Mattei Breve genealogia dei beni comuni
marco sansoè