1° maggio di festa, perché è la festa dei lavoratori!
Aderiamo e favoriamo lo sciopero dei lavoratori del commercio che sono costretti a lavorare il giorno della loro festa, contro le ordinanze miopi di sindaci “moderni” che non vogliono cogliere il valore simbolico della Festa e il valore significativo del tempo libero, e liberato, dal lavoro: unico momento della vita in cui il tempo è scelto e autonomamente gestito. Per una vita migliore per tutti, lavoriamo meno, lavoriamo tutti!!!
…Trasformiamo lo sciopero generale della CGIL in una azione sociale capace di tratteggiare le strade percorribili per una autonomia dei bisogni e dell’esistenza. Senza delega e senza rappresentanza diamo vita ad un’altra occasione per il necessario cambiamento: un altro mondo è possibile!
Il nostro sciopero generale
Lo sciopero generale contro la Confindustria e il governo del prossimo 6 maggio ha bisogno di una spinta sociale straordinaria. Troppi fattori gli giocano contro, facendo precipitare il nostro paese in quella «terra di nessuno» caratterizzata dalla crisi senza conflitto per il cambiamento. La politica dei partiti di «opposizione» è tornata ad essere riversa nei suoi giochi, troppo appassionata al futuro degli eletti piuttosto che a quello degli elettori. Il governo d’altro canto, sempre più espressione di autoritarismo e arroganza, può vivere in relativa tranquillità grazie al fatto che la partita, il campo di gioco, la durata del match sono saldamente nelle sue mani, al riparo da quell’idea di alternativa all’esistente che dovrebbe dare sostanza, concretezza, alla lotta per la democrazia contro le oligarchie che detengono il potere.
Lo sciopero dunque, per aumentare la sua efficacia deve essere capace di rompere questo schema. Noi crediamo che solo il suo divenire sociale, cioè un fatto di grande partecipazione popolare, di grande intensità e forza, un evento concreto che segni un ulteriore tappa nel protagonismo di lavoratori e lavoratrici, di studenti e ricercatori, di chi non ha lavoro e reddito, possa rimettere al centro del dibattito pubblico i nodi su cui è necessario battersi e vincere, per poter parlare di cambiamento. Il caso Fiat sta riesplodendo, e con esso il solito ricatto del metodo Marchionne – lavoro in cambio di diritti e democrazia – ed esso ci mostra ancora una volta come il terreno del lavoro, qualsiasi esso sia, oggi coincide con quello della precarietà, che non è «affare dei giovani». Il famigerato «collegato lavoro», che proprio dalle scorribande di Marchionne prende ispirazione, si sta applicando sistematicamente, come nuovo strumento di ridefinizione delle relazioni industriali piramidali, e la volontà dell’impresa non è minimamente negoziabile.
Il ddl Gelmini, con il suo corollario di attacchi al concetto stesso di scuola e università laiche e pubbliche, sta innanzitutto falcidiando migliaia e migliaia di posti di lavoro, azzerando la ricerca e la ricetta Tremonti per i prossimi tre anni andrà a peggiorare ulteriormente la situazione con un taglio di 4,5 miliardi ogni anno.
I licenziamenti sono ormai l’epilogo annunciato per centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici in cassa integrazione, e il lavoro sottopagato, intermittente, a contrattazione individuale l’orizzonte che si prefigura per tutti. In questo quadro rilanciare la battaglia per sostenere la Fiom contro Marchionne, per l’aumento dei salari e l’introduzione di forme di reddito di cittadinanza contro la precarizzazione, attraverso la tassazione della rendita e delle transazioni finanziarie, significa proporre un’altra idea di società contro la crisi. Come sostenere la lotta degli studenti e degli insegnanti, vuol dire pensare alla formazione come diritto e bene comune. Salario e reddito, occupati e temporaneamente occupati, lavoro certificato o in nero, subordinato o parasubordinato «mascherato» con una partita iva, rappresentano le mille facce di un problema comune: ridare centralità a chi produce, ai suoi diritti, contro la centralità delle banche e dei rentier, contro quel 10% che trattiene per sé oltre il 50% della ricchezza prodotta da tutti e tutte.
Il percorso di Uniti per lo sciopero non è espressione né di alleanze tattiche o tra organizzazioni. Nasce dall’idea che insieme, in uno spazio comune e condiviso, dobbiamo e possiamo oggi rimettere al centro il conflitto sociale per la democrazia solo se lo sostanziamo, se lo descriviamo declinandolo in cose concrete che riguardano la vita reale di milioni di persone. Dopo l’assemblea nazionale di Roma, Uniti per lo sciopero è diventato il modo di riunirci, a livello provinciale e regionale, per costruire materialmente la giornata del 6 maggio. Tre le indicazioni che stanno emergendo dalle varie situazioni e che riteniamo possano essere assunte da tutti per lo sciopero:
1) Caratterizzare il Primo maggio nella preparazione dello sciopero con iniziative in tutte le manifestazioni.
2) Costruzione con le RSU e i delegati sindacali di picchetti sociali, presidi e assemblee volanti davanti a fabbriche e luoghi di lavoro.
3) Partecipazione ai cortei sindacali con lo spazio comune di Uniti per lo Sciopero come luogo unitario costruito con movimenti, associazioni, cittadini.
4) Dopo la conclusione dei comizi, individuazione di forme pacifiche e di massa di iniziativa nelle città, che rendano visibile e prolungato l’impatto dello sciopero e quindi dia forza alle sue ragioni.
Facciamo appello a tutti perché lo spirito con il quale costruiamo lo sciopero sia questo. Chiediamo alle Camere del Lavoro, ai delegati e alle Rsu, alle reti di movimento, alle persone, di costruire insieme questa importante giornata di democrazia e per la democrazia.
*** Nicolò Altomare, Andrea Alzetta, Andrea Amendola, Enza Amici, Salvatore Bacciu, Paola Bianco, Elena Bianco, Tommaso Cacciari, Luca Cafagna, Loris Campetti, Luca Casarini, Giovanna Cavallo, Giuseppe Ciarrocchi, Daniele Codeluppi, Paolo Cognini, Giorgio Cremaschi, Luca Daminelli, Michele De Palma, Gianmarco De Pieri, Simone Famularo, Salvatore Fierro, Omid Firouzi, Max Gallob, Eva Gilmore, Egidio Giordano, Ugo Mattei, Vilma Mazza, Giorgio Molin, Antonio Musella, Giovanni Pagano, Bruno Papignani, Francesco Pavin, Eva Pinna, Gabriele Polo, Francesco Raparelli, Manila Ricci, Gianni Rinaldini, Mirco Rota, Claudio Sanita, Giacomo Senatore, Ada Talarico, Massimo Torelli, Luca Tornatore, Emiliano Viccaro.
il manifesto, 27/4/2011