Proprio oggi 25 aprile, a ridosso dei 150 anni dell’Unità, merita fare una riflessione.
Il 1861 non è l’anno della nascita dell’Italia, è solo la nascita del Regno d’Italia.
In quell’anno non nasce la nazione che conosciamo, né la società italiana, né la cultura nazionale, nasce solo una forma della politica che rappresenta la prima “tappa istituzionale” di un processo storico che inizia prima e prosegue poi (e forse non è ancora concluso).
Per l’Italia delle culture potremmo riferirci alle straordinarie esperienze del ‘300 e del ‘500 e così scopriremmo, oltre ogni semplificazione e retorica, che quelle hanno formato molto più la cultura nazionale di quanto non abbia fatto la letteratura risorgimentale, i Promessi sposi di Manzoni, o l’idealismo crociano.
Ma oltre qualsiasi intellettualismo preme sottolineare che anche il processo storico di formazione della Nazione italiana non ha nel 1861 il suo anno più importante (nemmeno quello iniziale: Federico II, i Medici e Machiavelli, i moti dell’800, ecc…). Mentre che non sarebbe assolutamente comprensibile l’Italia politica senza la Liberazione e il 25 aprile.
I 150 anni dell’Unità, così superficialmente fatti propri da tutte le forze politiche, sono episodio secondario rispetto ad altre esperienze storiche che hanno formato nel senso profondo la Nazione italiana, mentre la Liberazione, con il 25 aprile, è forse il più rilevante,.
Pare evidente come il 1861 rappresenti una tappa fortemente ancorata ad un’idea di potere autoritario che, sconfitto il Risorgimento popolare, pluralista e “dal basso”, si appropria dell’idea di unità nazionale attraverso un percorso di conquista armata che si trasformerà in dominazione politico-militare dell’Italia prima e in stato centralista poi.
E’ proprio la borghesia del nord che trarrà il massimo vantaggio da questa conquista, attraverso il patto con il latifondismo meridionale, al quale viene lasciato il controllo del territorio al sud in cambio della libertà d’impresa esclusiva nell’Italia settentrionale.
La Liberazione è una tappa storica, ma è la prima in Italia nella quale un movimento popolare e di massa si fa immediatamente politico e capace di determinare un assetto istituzionale e produrre una Carta Costituzionale tra le più avanzate al mondo. Anomalia italiana? Forse, ma certamente è il segno di una svolta strutturale della storia politica di questo paese. Chi tende a considerare questa una tappa storica conseguente ad altre o un episodio tra gli altri non comprende la portata storica dell’avvenimento!
Qui si forma, e non prima, la Nazione italiana moderna, da qui parte la nostra contemporaneità, che oggi qualcuno vorrebbe mettere in discussione o considerare una evoluzione del Risorgimento!
Il 25 aprile è la festa della nascita della democrazia in Italia, di una democrazia che ora è in crisi (secondo noi definitivamente), una crisi già denunciata dalle esperienze dei movimenti del ’68, che tentarono di indicare nuove strade antiautoritarie e partecipate di democrazia.
Per questo il 25 aprile è la nostra festa, perché ci parla della nascita della democrazia in Italia e ci ricorda che andare oltre è possibile e necessario. Ma solo a patto che, riconoscendo l’attuale crisi della politica e con essa della democrazia rappresentativa, si lavori alla costruzione di una nuova democrazia partecipata capace di indicare nella gestione dei beni comuni la chiave della sua forma sostanziale.