Sarà che sono un’insegnante della scuola pubblica, ma sono molto preoccupata.
Io non ho mai considerato il Presidente del Consiglio un nemico. L’ho sempre considerato un imprenditore molto astuto, dedito ai suoi affari…, entrato in politica per continuare a farseli. L’ho sempre considerato un affabulatore straordinario, capace di far leva sulle persone meno acculturate perchè spontaneo, istintivo, simpatico e genuino.
Così è sempre stato e ho capito la presa che riusciva ad avere osservando le persone che riusciva a divertire con le sue uscite più buffe, idiote per noi intellettuali. Mi metto in mezzo a questo pezzo di società (gli intellettuali) che, per il suo commentare sempre tutto dall’alto del congiuntivo e della citazione colta, ho sempre detestato, pur leggendone ogni commento, spesso in maniera parossistica, quasi per capire sempre di più, sempre di più. Ormai ho capito che lui ha capito tutto e che continua a capire tutto, mentre gli intellettuali dall’alto del congiuntivo e della critica dietro al computer (cercando qua e là citazioni d’effetto, ora prese dai memoriali risorgimentali, ora prese dai diari della resistenza o dalle parole dei padri costituzionalisti) continuano a grattarsi la zucca in cerca di nuove parole per indignarsi, o forse per grattarsi.
Intanto il suo metodo è sempre lo stesso: prima gli scappa la battuta, fa la figuraccia; poi cerca di riparare immediatamente contraddicendosi, ma utilizzando il sorriso e la barzelletta; infine ribadisce il concetto in modo più chiaro e ufficiale.
Nel frattempo nelle menti degli italiani si è verificato un oblio completo: nessuno ricorda più quali fossero le sue parole iniziali per cui indignarsi, ma si ricorda che lui ci ha riso sopra e se ci ha riso sopra, forse non era una cosa così importante. Inoltre, se la ribadisce, forse non era una buffonata, era proprio quello che voleva dire, quindi forse non è un buffone e forse la sua idea non è così errata, va riconsiderata. E la riconsiderano. Insomma un gioco dell’oca che alla fine lo vede sempre arrivare alla meta: divertire e obliare e ovviamente inculcare per (con)vincere.
Il fatto che abbia usato di nuovo il verbo inculcare non è casuale. Vuole proprio che il pensiero, il dubbio che la scuola pubblica inculchi (violentemente, quanto è violenta questa parola) ideologie, venga anche a chi non ci ha mai pensato. Ma, soprattutto vuole che la scuola pubblica si svuoti a vantaggio di quella privata. Così, ricorda chiaramente alle famiglie che “se si iscrivono alla scuola privata hanno il bonus affinché possano scegliere liberamente”. E dal momento che la scuola privata offre sempre di più servizi quantitativamente maggiori (tempo pieno, apertura dalle 7 alle 20 di sera …), mentre quella pubblica ha sempre meno servizio, le persone cominciano a chiedersi “andiamo a sentire quanto ci costerebbe andare alla scuola privata… beh, con il bonus statale neanche tanto…”.
Insomma, come diceva quel padre costituzionalista, comparso nelle bacheche di tutti gli insegnanti su Facebook nel mese scorso, “Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina” e siccome li teniamo d’occhio da molto ormai, bisogna smetterla di grattarsi.
Ecco: ho scritto dietro a un computer, ho commentato, ho fatto una citazione di un padre costituzionalista. Mi manca la parola nuova per indignarmi, ma, ecco, l’ho trovata: “Io non inculco, INZUCCO!” Chissà se ho (abbiamo) ancora qualche speranza di uscire da questo cortocircuito?
Alessandra