Tavigliano è un paesino sepolto nel profondo nord della provincia biellese. Uno di quei posti che i mezzi di comunicazione di massa non nominano mai, tranne in casi straordinari: un morto sul lavoro (45 secondi al TG delle 20,30), una rapina sanguinosa oppure qualcuno che fa a pezzi qualcun altro (e allora Vespa si mobilita, costruisce subito un plastico e via con le storie che sappiamo). Questa volta invece è il caso che di questo paesello si parli. E ci si mobiliti pure. Non è successo nulla di sanguinoso, nulla di truculento ma qualcosa di molto grave, sì.
Tavigliano è uno di quei comuni che assieme alle regionali voterà anche per l’ elezione del sindaco e del consiglio comunale. Apprendiamo che fra i contendenti per la carica di primo cittadino vi sarà anche tale Pierluigi Pagliughi coordinatore nazionale del Movimento Nazionalista e Socialista dei Lavoratori. Dopo l’ormai libero proliferare di formazioni neofasciste che si presentano alle elezioni e che sono anche rappresentate al parlamento nazionale, è ora il tempo dei nazisti. Proprio il Pagliughi aveva dichiarato tempo addietro ad un giornale lombardo le sue passioni politiche: «Sono nazista da quando ho venti anni. Non vedo nulla di strano, siamo una formazione politica indipendente, ispirata al partito nazional-socialista: prendiamo spunti dagli ideali dei partiti che in diversi Stati hanno accolto le istanze nazionaliste e socialiste, portate alla massima espressione dalla Germania di Hitler».
A me queste parole bastano. Bastano per dire che simili partiti non dovrebbero esistere; che non si dovrebbero presentare alle elezioni. Che dire, come fa il signor Pagliughi, che in Italia esiste il reato di apologia del fascismo e non quello di apologia del nazismo è una idiozia consentita dalla miopia di chi quella legge dovrebbe applicare. E mi bastano anche per far notare che la presenza di partiti di nazisti che hanno la sfrontatezza di uscire dal buio in cui l’antifascismo li aveva ricacciati è un fatto estremamente preoccupante. È necessario mobilitarsi, far sentire la propria voce, il proprio sdegno, la propria rabbia. E respingere con forza ogni rigurgito fascista e nazista. Se non lo fanno i prefetti, i questori e gli altri pavidi (con loro…) funzionari dello Stato lo dobbiamo fare noi antifascisti con le nostre idee, con le nostre lotte e con la determinazione che l’antifascismo novecentesco ci ha insegnato. Ma ciò non basta. È infatti necessario riprendere una riflessione sul valore storico e politico dell’antifascismo interrogandosi sulle ragioni profonde che consentono che un partito nazista abbia libera cittadinanza, oggi, nella civile Italia, nella più totale e generalizzata indifferenza.