4 novembre :: Una brutta pagina della storia

Cosa dobbiamo festeggiare?   nulla!

Cosa o chi possiamo commemorare?   i morti, solo i morti!

Cosa possiamo ricordare?   che è stata una delle pagine più orrende della storia d’Italia: una strage senza scopo, un disastro economico, la premessa all’avvento del Fascismo!

Cosa possiamo fare?   parlarne, fare critica storica, contestare, criticare le commemorazioni ufficiali, disertare.

Ma è sufficiente?  no, non lo è.
Dobbiamo chiedere la riduzione delle spese militari; ridurre la produzione e l’esportazione di armi; diversificare e riconvertire l’attività produttiva delle fabbriche d’armi; realizzare il disarmo unilaterale e così uscire dalla NATO!

DISERTIAMO !

2 commenti

  1. Il IV novembre 1918 terminava la grande guerra, e ogni anno, mi prende una grande tristezza vedendo le forze armate, le forze paramilitari e le istituzioni schierate per celebrare i milioni di caduti morti per una causa a loro e a me ancora oggi incomprensibile.
    Mi piacerebbe che nel discorso del IV novembre si interpretasse la difesa della costituzione e dei diritti sociali in essa affermati, anziché una retorica dei patria di cui tutti si riempiono la bocca senza neppure riflettere su cosa si intenda per “patria”.
    Dall’unità d’Italia è iniziata la costruzione di una retorica patriottica che ha mistificato la realtà e che è ricorsa ad invenzioni e a miti tecnicizzati che falsificano e ricreano la storia: anziché tentare di costruire un cittadino responsabile, consapevole, anziché pensare a una società che riduca le disuguaglianze sociali, si è promossa una sottocultura nazionalista, espansionista e coloniale che ci ha portati ad una serie di disastri; il nazionalismo e la guerra come motivi fondanti dell’italiano nuovo è un filo conduttore che lega la lotta al brigantaggio, il primo colonialismo, la prima guerra mondiale il fascismo fino al secondo colonialismo per arrivare alle seconda guerra mondiale e poi ai giorni nostri.
    Il sud passa dal potere borbonico ad un potere vessatorio piemontese, capace solo di proteggere il latifondo, depredando il territorio con tasse sui più deboli e con una guerra senza quartiere a chi si ribella; nel 1885 le campagne coloniali rappresentano le prove generali della follia poi divenuta sistematica nel ventennio con gli stermini all’iprite, le esecuzioni di massa, le razzie e le violenze indegne non della parola patria, ma del termine “umano”; Cadornismo fu il termine utilizzato da Gramsci per definire la lucida follia consistente nel trattare gli esseri umani come carne da macello.
    Risulta chiaro che il filo conduttore della costruzione della nuova identità di patria non sono i grandi intellettuali del risorgimento da Beccaria a Cattaneo a Pisacane, ma si sceglie scientemente non il patriottismo culturale, bensì l’intruppamento acritico, acefalo e violento, si sceglie la guerra, che deve forgiare l’uomo nuovo.
    E ogni anno, rivedere la rievocazione acritica di questa storia mi da poche speranze per il futuro
    Sonia Modenese, 4/11/2015

  2. La guerra, da sempre, porta con sé quel senso di gloriosa epicità che coinvolge le masse… In tempo di (relativa) pace ciò che maggiormente si avvicina a questo sentimento, sono le competizioni sportive. A queste ultime, di norma, mancano sangue e morte. Il patriottismo che ne scaturisce, manca quindi di alcuni leganti.
    Per questo, si rievocano le guerre, meglio se vinte, e i morti vengono commemorati per il loro coraggio e per il loro sacrificio. Perché si sono immolati per la Patria, perché hanno contribuito alla costruzione della nostra identità nazionale. In gran parte, loro malgrado. Anche senza coraggio, anche senza vero senso della patria. Spesso nemmeno capendo del tutto la lingua dei loro commilitoni. Senza contare quelli che condividevano la stessa cultura, parlavano la stessa lingua e, improvvisamente, si sono trovati, separati dalla terra di nessuno, con una divisa di colore diverso.
    Il dolore e la sofferenza che hanno patito questi esseri umani e quello delle famiglie che hanno abbandonato per raggiungere il fronte, passa del tutto in secondo piano. Essere stati reclutati in massa per partecipare a un’inutile strage non scalfisce la sacralità dell’impresa. Retorica e ipocrisia.
    Perché le guerre da condannare sono sempre quelle degli altri.
    Perché le guerre si ripudiano, ma non si ripudia il profitto delle armi con cui si fanno le guerre degli altri.
    Ammesso e non concesso, che possa essere davvero considerata la “quarta guerra di indipendenza” e abbia portato a compimento l’unità nazionale, una tragedia come la Grande Guerra, dovrebbe rimanere semplicemente quello che è stata, una violenta, tragica e inutile guerra. Ma il nostro Paese è diventato veramente quello per cui quegli uomini sono morti? O commemoriamo semplicemente un’illusione per rendere meno insopportabile il pensiero dell’orrore che è veramente stato e dell’illusione che dopo non si è mai davvero realizzata?

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