I nostri compiti politici 2 :: Fare inchiesta

Oggi la crisi della politica è la crisi della democrazia rappresentativa.
Appare sempre più difficile, se non impossibile, svolgere una funzione istituzionale (anche per mancanza di forze) capace di contrastare i poteri forti degli organismi internazionali, delle multinazionali e dei grandi gruppi finanziari che insieme determinano le politiche economiche nazionali, svuotando di contenuti qualsiasi pretesa “governabilità”.
L’inconsistenza delle proposte di politica economica di medio lungo termine dei contendenti e la scarsa qualità del personale politico in gara fanno il resto, cioè rendono irrilevante qualsiasi partecipazione alla corsa elettorale!
Ma i movimenti e la comunità della sinistra radicale hanno il dovere di svolgere la critica dell’esistente e mettere in moto processi di “disturbo” ed esperienze alternative al corso delle politiche attuali.
E vorremmo fare nostre le recenti parole di Fausto Bertinotti: “Le sinistre politiche nascono, quando nascono, e crescono, se crescono, altrove, fuori dal campo ormai privo di autonomia reale delle istituzioni di una democrazia rappresentativa oggi politicamente compromessa e compromettente. Essa è diventata un campo minato da cui non si esce vivi o, almeno, si esce mutilati.
Fuori da questo campo, e solo fuori da questo campo c’è la ricostruzione possibile e necessaria della democrazia e di una forza partecipata, radicalmente critica dell’esistente e inedita, come inedito è il nuovo terreno della contesa tra uguaglianza e disuguaglianza; una forza molteplice come molteplice è il campo delle soggettività che la coscienza dei propri bisogni e la consapevolezza dei propri desideri possono sospingere al protagonismo e alle lotte.   Se vuoi dire “sinistra” e trovare un senso all’antica e ormai devastata parola, devi saperla coniugare con una rinnovata critica del capitalismo, con un rinnovato anticapitalismo, con un nuova cultura politica. Ce lo suggeriscono diversamente e pure intersezionalmente le donne di NonUnaDiMeno, come i lavoratori piacentini di Amazon, come i ciclofattorini belgi della Deliveroo, come mille altre storie che ci restano colpevolmente sconosciute.”

Per contribuire a rendere possibile questo agire politico, sul blog de La città di sotto abbiamo scelto di affiancare, alla rubrica “Per cosa votiamo” quest’altra che chiameremo “I nostri compiti politici”, nella quale vorremmo raccogliere voci che ci possano aiutare a rispondere alla fatidica domanda: “che fare?”.   Altre occasioni che possono divenire pratica politica per movimenti e comunità in lotta!

Qui riportiamo un frammento del testo di Fausto Bertinotti, Segnali nuovi, fuori dal campo, apparso su Alternative per il Socialismo, n. 47-48, gennaio-febbraio 2018, che ci segnala l’urgenza di fare inchiesta, quale strumento di conoscenza, partecipazione e presa di coscienza!

 

[…] Con quale cassetta degli attrezzi riprendere il cammino nelle nuove prassi sociali non è solo un tema ineludibile in generale. La stessa domanda ci viene riproposta da ogni movimento, da ogni conflitto nascente. Continuo a pensare sia una buona traccia quel “oltre Marx”, altre volte ricordata. Oltre, ma non senza. Non solo nella critica dell’economia capitalista, ancora necessaria per una critica efficace al capitalismo finanziario globale, ma anche, almeno con lo stesso peso, nella prassi sociale. Proprio di fronte all’insorgere di nuovi movimenti e conflitti, persino di quelli più periferici. Torna, prepotente, un’istanza di conoscenza e di interpretazione. Essa, del resto, emerge così acuta proprio nelle fasi di trasformazione, di mutamento della composizione della classe, dell’affermarsi di altre soggettività critiche, di culture che irrompono e scompaginano tutto il quadro di coscienze, di saperi, di sensibilità fino ad allora capaci di farsi senso comune. Potrebbe chiamarsi il bisogno politico di fare l’inchiesta.
L’inchiesta, un metodo di lavoro politico dell’antagonismo
L’inchiesta ha segnato il corso intero della storia del conflitto di classe. Ne ha connotato la sua prima politicizzazione. E stata riscoperta sempre da chi ha saputo proporre l’antagonismo in ogni passaggio di ciclo sociale, economico e politico. Non casualmente dobbiamo proprio a Karl Marx la prima proposta nella presentazione dell’inchiesta operaia che aveva elaborato per la Revue socialiste. Marx scrive “In attesa che il governo francese apra una vasta inchiesta sui fatti e misfatti dello sfruttamento capitalistico, noi tenteremo di cominciarne una. La nostra speranza è di essere sostenuti da tutti gli operai delle città e delle campagne i quali comprendono come essi soli possono descrivere, in tutta conoscenza di causa, i mali che li colpiscono; che soltanto loro e non dei salvatori dei provvidenziali possono applicare energici rimedi alle miserie sociali di cui soffrono”.
Era il 1965 e a qualcuno già si annunciava la nuova centralità del conflitto in fabbrica, dell’operaio comune di serie. Accadeva a Torino, addosso alla cattedrale del nuovo modo di produzione. Quaderni rossi riprese allora il tema dell’inchiesta operaia che nominò con “l’intervento socialista nelle lotte operaie”. Riprendendo le tesi di Marx, Quaderni rossi presentava l’inchiesta come un metodo di lavoro politico e così ne definiva l’ispirazione: “questa affermazione — quella sopra citata di Marx — sulla esclusiva idoneità degli operai a descrivere le proprie condizioni di sfruttamento non era a nostro avviso puramente strumentale rispetto all’inchiesta, a cui si invitavano gli operai a collaborare: era in realtà l’affermazione di un metodo politico implicito nell’impostazione generale della generale critica dell’economia politica”.
Oggi un nuovo ciclo dello sfruttamento e dell’alienazione capitalista delle lavoratrici e dei lavoratori si è aperto con la vittoria delle forze del capitale; oggi si possono vedere le devastanti conseguenze del suo uso dell’automazione e della rivoluzione tecnologico-scientifica. Ma già oggi, contemporaneamente, si possono vedere i “residui”, ciò che resta fuori dal meccanismo, che resta
fuori per resistenza, esodo o creazione di altro rispetto a ciò che il sistema pretende. Perciò oggi è venuto il tempo dell’inchiesta, il tempo di una rottura. Dallo specifico al generale e dal generale allo specifico deve procedere nel duplice movimento la critica. In questo processo, nel ‘900, e in particolare in Europa per tutto il secondo dopoguerra, la lotta di classe si è congiunta con il movimento operaio e con le sue istituzioni, secondo un andamento niente affatto lineare e non privo di contraddizioni.

Alternative per il Socialismo, n. 47-48, gennaio-febbraio 2018

Rinviamo all’intervista apparsa su Radio radicale consultabile dal sito “www.alternativeperilsocialismo.com

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