Per il popolo palestinese!

Intorno un deserto

Sono passati 66 anni dalla risoluzione di partizione della Palestina!

Sono passati 65 anni dall’inizio della pulizia etnica della Palestina!

Sono passati 65 anni dalla costituzione dello Stato di Israele!

Sono passati 49 anni dalla costituzione dell’OLP (l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina)

Sono passati 46 anni dalla occupazione della Cisgiordania e della Striscia di Gaza!

Sono passati 40 anni dalla guerra del Kippur!

Sono passati 31 anni dal massacro di Sabra e Chatila!
Intorno un deserto

Sono passati 22 anni dagli incontri di Madrid!

Sono passati 20 anni dalla firma degli accordi di Oslo!

Sono passati 15 anni dalla firma del patto di Wye Plantation!

Sono passati 11 anni dalla Operazione Defensive Shield!

Sono passati 11 anni dall’inizio della costruzione del Muro!

Intorno un deserto Sono passati 26 anni dall’inizio della prima Intifada!

Sono passati 13 anni dall’inizio della seconda Intifada!

Intorno un deserto Sono anni che si parla di una soluzione due popoli – due stati!

Sono anni che il cinismo dell’Occidente avvelena la questione palestinese!

Sono anni che l’ipocrisia dell’Occidente sostiene un regime coloniale di insediamento!

Sono anni che le menzogne dell’Occidente sostengono ogni barbarie di uno Stato razzista!

Sono anni che si continua nella farsa del processo di pace!

Sono anni di una sistematica complicità amorale con il sionismo, un movimento coloniale di insediamento che continuaa perseguire l’obiettivo della pulizia etnica della Palestina!

Intorno un deserto:

Un deserto morale, culturale e politico!

Ciniche, ipocrite e assordanti le voci del deserto!

Etiche ed eretiche le esili voci dal deserto,

le voci della non-menzogna e della non collaborazione,

le voci che cercano di dare voce alla resistenza palestinese!

Intorno un deserto

Alfredo Tradardi

ISM-Italia, Torino, 4 aprile 2013

p.s.

Il 18 marzo 2013 si è insediato in Israele quello che è stato definito il governo dei coloni. Ha ricevuto l’immediata benedizione del Presidente degli Stati Uniti che ha detto di ammirare i “valori fondanti” di Israele.

Ne ha parlato su Haaretz del 17 marzo 2013 Gideon Levy. “When Obama speaks (and says nothing)”

Quando Obama dice di ammirare i “valori fondanti” di Israele, di quali valori sta parlando? La disumanizzazione dei palestinesi? L’atteggiamento verso i migranti africani? L’arroganza, il razzismo e il nazionalismo? È tutto questo che ammira? Gli autobus separati per i palestinesi non gli ricordano nulla? L’esistenza di due comunità che vivono su una stessa terra, una con pieni diritti e l’altra priva di ogni diritto, (“ring a bell”), non suona un campanello, come dicono in America?

Ammirare i “valori fondanti” sapendo che stiamo parlando di uno dei paesi più razzisti al mondo, con un muro di separazione e politiche di apartheid, significa tradire i valori fondanti del movimento statunitense per i diritti civili che hanno reso possibile il miracolo Obama. È un male che non abbia la fantasia di indossare dei baffi finti e di andare in giro per conversare con gli israeliani; potrebbe ascoltare come parlano dei neri come lui. È un male che non possa sedere in un caffè e “oziare un pò”, come gli piace. Potrebbe ascoltare quali “valori fondanti” muovono realmente gli israeliani.”

Mentre su di noi, sulla sinistra (?) italiana ed europea, ha scritto Yitzhak Laor*, La Fiera del libro di Torino e la buona vecchia Europa, Il Manifesto, 11 maggio 2008

Cara amica, il nostro problema qui, in quanto israeliani contro l’occupazione, è un problema concreto con i nostri vicini concreti, quelli che tornano a casa dopo avere prestato servizio ai blocchi stradali e avere trattato esseri umani come animali: diventano fascisti attraverso la pratica – ossia attraverso il servizio militare – e solo poi fascisti ideologicamente. Questo non preoccupa la sinistra filo-israeliana in Italia. Tu sostieni che la sinistra italiana non avrebbe trattato un boicottaggio del Sudafrica nel modo in cui sta trattando qualunque proposta di boicottaggio di Israele. Ma la cosa è più semplice: pensa alla sinistra italiana durante la prima guerra del Libano e paragonala alla sua posizione attuale. Non è l’occupazione a aver cambiato natura. È l’Europa occidentale che è cambiata, che è tornata al suo vecchio modo di guardare i non-europei con odio e disprezzo. Nell’immaginario della sinistra italiana, i palestinesi hanno perso lo «status» simbolico di cui godevano un tempo (la kefia al collo di decine di migliaia di giovani italiani, ad esempio) e sono passati nell’hinterland dell’Europa: dove gli americani possono fare quello che vogliono, e l’avida Europa, come sempre, si schiera dalla parte dei più forti. I palestinesi sono ancora una volta solo degli arabi che sanguinano, e il sangue arabo – proprio come in passato il sangue ebraico – vale poco. Si potrebbe riassumere il cinismo dell’attuale scena italiana citando Giorgio Napolitano, quando ha fatto riferimento a una vecchia discussione che ebbe nel 1982 a Torino con l’allora comunista Giuliano Ferrara. Riflettendo sulla posizione del Pci sul massacro di Sabra e Shatila, Napolitano, che sarebbe poi diventato Presidente, ha detto: «Per quanto riguarda una determinata persona (Giuliano Ferrara), ricordo solo che egli si faceva promotore di una causa (la causa palestinese nel 1982) che nel Partito godeva di una qualche popolarità ma che non ci avvicinava per nulla alla presa del potere». Machiavelli avrebbe dovuto incontrare sia Ferrara che il Presidente italiano per un drink sui fiumi di sangue palestinese.

Ma il cambiamento di posizione della sinistra italiana ha molto poco a che vedere con la propaganda israeliana, anche se la Fiera del libro di Torino rientra anch’essa nella propaganda israeliana. Concentriamoci per un momento su questa fiera, a titolo di esempio. Abbiamo a che fare con la Cultura, che è sempre la «coesistenza» di affari (delle case editrici, ad esempio) con il razzismo implicito degli «amanti della Cultura», cultura che è sempre puramente occidentale (cristiana o «secolare»). Gli israeliani in questo contesto sono gli «eredi della buona vecchia Europa», mentre gli arabi, naturalmente, non sono ammessi in questa cultura. In breve, la xenofobia italiana ha anche un volto umano: la Fiera del libro di Torino. Il nostro stato, che da 41 anni sta privando un’intera nazione di qualunque diritto se non quello di emigrare, viene celebrato dalla Cultura. Bene, questa è l’Europa – dopo tutto, la stessa Europa che noi e i nostri genitori abbiamo conosciuto: la Cultura è sempre stata la cultura dei Padroni. Il dibattito sulla Fiera del libro può dimostrare come la sinistra, un tempo la più sensibile d’Europa verso la causa palestinese, sia diventata la più cinica sinistra filo-israeliana. Ha perso il suo orizzonte politico, e in questo vuoto ideologico ciò che si è realmente verificato è il ritorno del Coloniale. È questo il contesto storico in cui va letta l’estinzione della nazione palestinese, celebrata attraverso il 60° anniversario di Israele. L’Europa si sta espandendo fino a includere Israele, come «isola di democrazia», di «diritti umani».

Non dobbiamo dimenticare che la sinistra italiana non ha mai attraversato un processo post-coloniale. Ha fatto tutta la strada dalla retorica anticolonialista degli anni ’70 all’attuale «ansia» coloniale per «i nostri fratelli ebrei là nella giungla, tra i selvaggi». Mamma li turchi!

Cara amica, non possiamo dipendere dagli europei, nonostante pochi coraggiosi. Guarda, i nostri soldati sono tornati a casa e dai loro scarponi il sangue cola in salotto. Imparano presto nella vita a ignorare le lacrime delle madri. Prima di compiere vent’anni sono già crudeli come cacciatori di teschi. Lo ammetto: dovevo scrivere questo pezzo per il Manifesto, ma mi sono rivolto a te, perché non riesco più a rivolgermi agli europei direttamente, chiedendo loro di pensare ai palestinesi rinchiusi come animali nei loro ghetti, al vento e alla pioggia.

E gli anni passano.

* scrittore e poeta israeliano, (traduzione Marina Impallomeni)

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