La lezione di Mirafiori

…ora Marchionne dovrà fare i conti con la conflittualità operaia.

Gli operai di Mirafiori hanno detto che non sono disposti a rinunciare alla propria dignità e alla possibilità di contrattare le proprie condizioni di lavoro.                      Hanno vinto i SI’, con 400 voti di differenza, determinante è stato l’apporto degli impiegati, tra gli operai ha vinto il NO.  

Chi parla di ideologie vecchie non conosce gli operai di Mirafiori: solo poco più della metà è iscritta ai sindacati, gente concreta che è passata attraverso vicende drammatiche senza mai rinunciare alla propria autonomia, anche contro il sindacato.               Quando volantinavo ai cancelli di Mirafiori i lavoratori erano più di 30.000, ora sono poco più di 5.500.  Quella è classe operaia di oggi, che non si fa illusioni ma sa quali sono le proprie potenzialità, …e se la Fiom si fosse dedicata di più alla contrattazione delle condizioni concrete di lavoro e avesse rafforzato i meccanismi di partecipazione operaia, dedicandosi meno alla politica, avrebbero vinto i NO, o forse quell’accordo non l’avrebbero firmato nemmeno Fim e Uilm.

Ora Marchionne dovrà fare ancora i conti con i lavoratori della Fiat, che non hanno rinunciato alla libertà di parola e non si sono fatti schiacciare dal ricatto.                 Ora Cisl e Uil dovranno accettare quel risultato che per loro è una sconfitta: la concertazione non paga e il collaborazionismo porta alla dissoluzione del ruolo del sindacato!                   Il governo, composto da ragionieri e parolai, ha mostrato la sua vocazione neoliberista ma è riuscito solo a svolgere il ruolo di zerbino del capitale.

Non siamo sicuri che gli investimenti della Fiat saranno quelli “promessi”: manca un piano industriale, non c’è un progetto chiaro. Sappiamo che la Fiat ha bisogno dei soldi per diventare maggioranza nella Chrysler: spremere gli operai di Mirafiori e Pomigliano serve soprattutto a questo, fare cassa per pagare i debiti con il governo USA e conquistare la Chrysler …e dopo?    Di fronte a queste incertezze non resta che rafforzare la partecipazione operaia, riorganizzare la presenza sul luogo di lavoro, agire settore per settore, produzione per produzione, per determinare la forma stessa del lavoro.                  E poi… incontrarsi con gli operai di Pomigliano e quelli della Chrysler e quelli polacchi di Tychy e della Zastava serba, insieme si deve costruire una strategia di contrattazione capace di condizionare le scelte di politica industriale della Fiat: questa è la globalizzazione e questa è la possibilità che i lavoratori hanno di fare il proprio lavoro migliore, cambiando così le politiche economiche.

Biella, 15/1/2011

marco sansoè

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